Colesterolo alto? I consigli alimentari su come ridurlo

Una condizione clinica particolarmente diffusa nella popolazione è rappresentata dall’ipercolesterolemia, che consiste nel riscontrare livelli di colesterolo nel circolo sanguigno superiori ai valori massimi consentiti. E’ importante che tale condizione venga accuratamente gestita e tenuta sotto controllo in quanto potrebbe favorire l’aterosclerosi (con accumulo di materiale grasso lungo le pareti dei vasi sanguigni) e ciò aumenterebbe notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari.

Nel circolo sanguigno sono presenti diverse tipologie di colesterolo: tra le più note si hanno quelle rappresentate dal colesterolo LDL ed HDL. Il primo, ovvero l’LDL, cosiddetto “colesterolo cattivo”, tende a depositarsi sulle pareti delle arterie riducendone il lume ed ostacolando il flusso sanguigno. Il colesterolo HDL, comunemente denominato “colesterolo buono”, invece riveste un ruolo cruciale in quanto rimuove dall’organismo gli eventuali eccessi di colesterolo LDL che si sono accumulati lungo i vasi sanguigni, fungendo dunque da “spazzino delle arterie”. Nel caso di valori di colesterolo LDL superiori rispetto alla norma, per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, sarebbe fondamentale puntare su un’alimentazione varia ed equilibrata, quantitativamente bilanciata, alla quale affiancare una costante e regolare attività fisica. Numerosi studi hanno infatti confermato che un’alimentazione sana ispirata ai principi della dieta mediterranea ha un effetto protettivo nei confronti delle patologie cardiovascolari. Per contrastare direttamente sulle nostre tavole gli alti livelli di colesterolo sarebbe consigliabile:

– aumentare il consumo di alimenti ricchi in omega-12omega-3, come il pesce azzurro, la frutta secca, i semi oleosi, ecc. Tali grassi polinsaturi hanno molteplici effetti benefici per la salute umana in quanto migliorano la funzione cardiaca, la circolazione sanguigna e l’assetto lipidico (riducendo i trigliceridi). Per tale motivo andrebbe privilegiato il consumo di pesci quali tonno, sgombri, sarde, acciughe e salmone circa due volte a settimana ed il consumo di circa 3-5 noci al giorno;

– limitare il consumo di cibi ricchi in grassi saturi, grassi parzialmente idrogenati e colesterolo; tali grassi infatti, se assunti in eccesso, sono in grado di innalzare i valori di colesterolo LDL presente nel sangue. Alimenti ad alto contenuto di grassi saturi sono i salumi, i formaggi, il burro, lo strutto, l’olio di palma ecc. I grassi parzialmente idrogenati sono rinvenibili nella margarina e in molti prodotti dolciari mentre tra gli alimenti maggiormente ricchi di colesterolo ritroviamo le frattaglie, le uova e i crostacei;

– impiegare condimenti vegetali quali l’olio extravergine di oliva in sostituzione di condimenti di origine animale (quali il burro, lo strutto, ecc.);

– consumare quotidianamente alimenti ricchi di fibre quali frutta, verdura, legumi e cereali integrali. Le fibre alimentari sono infatti in grado di ridurre l’assorbimento intestinale del colesterolo proveniente dalla dieta esercitando un effetto preventivo nei confronti delle malattie cardiovascolari. Sarebbe dunque consigliabile assumere giornalmente almeno due porzioni di frutta e tre porzioni di verdura;verdure-sali-minerali

– limitare l’assunzione di zuccheri semplici, privilegiando il consumo di alimenti contenenti carboidrati complessi (specialmente se a basso indice glicemico), quali pane e pasta integrale, legumi, ecc.;

– consumare la soia o prodotti a base di soia: grazie al contenuto di isoflavoni e fibre alimentari caratteristico di tale legume, la soia è capace di ridurre i valori di colesterolo totale presenti nel circolo sanguigno;

– non fare abuso di bevande alcoliche (massimo due bicchieri di vino al giorno);

– assumere modeste quantità di cioccolato fondente: dato il suo elevato contenuto di flavonoidi e sostanze antiossidanti, da alcuni studi è emerso che esso ridurrebbe il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Ma occhio al peso, eh!

L’approccio dietetico basato sui principi delle Dieta mediterranea è quello che si adatta meglio ai presupposti precedentemente elencati. È stato osservato che tale modello alimentare esercita un significativo ruolo protettivo sul sistema cardiovascolare nel prevenire l’instaurarsi di processi aterosclerotici in quanto intervenendo su diverse variabili biologiche, quali l’assetto lipidico, tale stile alimentare ha la potenzialità di ridurre efficacemente l’incidenza delle patologie coronariche.

Come restare nel peso-forma durante le festività natalizie: i consigli della nutrizionista

Nonostante durante le ricorrenze natalizie possa sembrare una “mission impossible” restare nel proprio peso forma senza metter su qualche chiletto, in realtà grazie a qualche piccolo accorgimento è possibile evitare di far lievitare a vista d’occhio il proprio peso corporeo, senza dover ricorrere a drastiche diete dimagranti nei mesi successivi.

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Innanzitutto per “smaltire” le calorie in eccesso acquisite nel corso di pranzi, cenoni e vigilie sarebbe opportuno tenersi in movimento: ciò potrebbe sembrare banale ma fare delle passeggiate in bici oppure a piedi, dedicarsi giornalmente per circa 30-60 minuti ad un’attività fisica ed evitare di oziare sul divano di casa propria, permetterebbe di bruciare più rapidamente le calorie introdotte.

In vista di un pranzo o di una cena natalizia andrebbe evitata la pratica più che scorretta di saltare il pasto precedente, quale ad esempio la colazione: questo infatti vi farebbe arrivare al pasto principale molto più affamati e rischiereste di introdurre molte più calorie rispetto a quante ne avreste assunte non saltando il pasto precedente. Sarebbe raccomandabile fare spuntini leggeri a base di frutta (es. arance, ananas, pere, ecc.) oppure a base di ortaggi (es.  finocchi) ed evitare di consumare dolciumi riservandoli solamente nei giorni di festa (Natale, Capodanno, le vigilie, ecc.). In occasione di tali ricorrenze è doveroso anche ricordare l’importanza di masticare lentamente (al fine di agevolare la digestione ed anticipare il senso di sazietà) ed evitare di  fare il bis, prendendo una seconda porzione della pietanza già servita. Durante le altre giornate sarebbe consigliabile seguire un’alimentazione varia ed equilibrata limitando, per quanto possibile, il consumo delle pietanze avanzate nei giorni delle festività (lasagne, stufati, panettoni, pandori, ecc.).

Non andrebbe neanche sottovalutata la questione degli alcolici che andrebbero consumati con moderazione:  sarebbe raccomandabile infatti non bere più di  1-2 bicchieri di vino al giorno e limitare i superalcolici quali amari, grappe, digestivi, ecc. solo a poche ricorrenze natalizie. A tavola andrebbe preferito il consumo di acqua minerale mentre andrebbe ridotto quello relativo alle bevande gasate (spesso estremamente zuccherate).

Per quel che riguarda invece le pietanze ed i metodi di cottura da impiegare, si consiglia di:

–  limitare il consumo di fritture e di cibi cotti in pastella, privilegiando (per quanto possibile) modalità di cottura più salutari quali la cottura al vapore, al forno o  alla piastra;

– sostituire il consumo di grassi quali burro, margarina e strutto con l’impiego di olio extravergine di oliva (non eccedendo nelle quantità);

– fare i soffritti di aglio e cipolla (ma non solo) con del vino;

– ridurre il consumo di sale ed impiegare spezie ed erbe aromatiche per esaltare i sapori delle varie pietanze;

– preferire il consumo di pane integrale o di pane tostato in quanto aventi un indice glicemico più basso del pane tradizionale (non eccedendo nelle quantità);

– preferire il consumo di carni magre e pesci magri;

– accompagnare il secondo piatto con generose porzioni di verdure cotte o crude;

– preferire, a fine pasto, il consumo di frutta fresca anziché di frutta sciroppata, candita oppure secca.

Detto ciò vi porgo i miei più calorosi auguri di Buon Natale e felice anno nuovo!

Dott.ssa Anna Caterina Genovese

L’importanza delle noci per l’apparato cardiovascolare (e non solo)


Le noci, alimento prezioso della nostra Dieta Mediterranea, apportano all’organismo umano molteplici effetti benefici. Esse rientrano nella categoria della frutta secca insieme alle mandorle, nocciole, pistacchi, arachidi, ecc.  e in quanto tali possiedono un elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi. Questi ultimi, suddivisibili in Omega-3 ed Omega-6, apportano notevoli beneficiper la salute umana in quanto migliorano la circolazione sanguigna, riducono il rischio di malattie cardiovascolari (tra cui l’infarto del miocardio), regolano gli eventuali stati infiammatori, hanno proprietà antiaritmiche e impattano fortemente sui livelli di trigliceridi e di colesterolo circolante. Un regolare consumo di noci infatti è in grado sia di promuovere la riduzione dei livelli di colesterolo LDL (noto per le sue proprietà aterogene, ovvero in grado di innescare il processo di aterosclerosi), sia di incrementare i livelli sanguigni di colesterolo HDL ( comunemente noto come colesterolo “buono” in quanto in grado di smaltire gli eccessi di colesterolo LDL accumulatosi nella periferia dell’organismo).walnuts-552975_1920

Le noci possiedono anche delle buone quantità di vitamine e sali minerali utili per il nostro organismo: tra queste vanno citate le vitamine A, E, B2, B9, B12 ed tra i sali minerali il calcio, lo zinco, il fosforo, il potassio, il ferro ed il magnesio. La presenza di nutrienti quali fitosteroli, composti fenolici e vitamina E conferisce a tali frutti una spiccata attività antiossidante in grado di contrastare i radicali liberi derivanti dall’invecchiamento cellulare mentre la vitamina B9 (o acido folico) potenzia i benefici apportati sull’apparato cardiovascolare riducendo i livelli di omocisteina presente nel circolo sanguigno.

Le noci, dal punto di vista nutrizionale, contengono anche l’arginina: tale aminoacido promuovendo la dilatazione dei vasi sanguigni è in grado di ridurre la pressione arteriosa e favorire l’afflusso di sangue agli organi (consentendone una migliore ossigenazione) e ciò rende tali frutti alquanto indicati nei soggetti sportivi.

Gli effetti positivi sulla salute umana sono anche riconducibili al fatto che il consumo regolare di noci:

  • riduce l’insulino-resistenza e dunque il rischio di sviluppare il diabete mellito;
  • apporta innumerevoli nutrienti indispensabili nel corso di una gravidanza (quali l’acido folico, gli omega-3, ecc.);
  • sembra avere un ruolo protettivo nei confronti di alcune forme tumorali;
  • sembra apportare dei benefici nel caso di affezioni dermatologiche su base infiammatoria quali l’acne;
  • migliora le prestazioni fisiche;

Al fine di sfruttare al meglio le potenzialità di tale frutta secca, sarebbe opportuno consumarne una quantità giornaliera pari a circa 20 g (circa 4-6 noci), da integrare a fine pasto oppure da consumare negli spuntini. Tuttavia è doveroso ricordare che un eccedente consumo di noci, dato il loro elevato potere calorico, andrebbe sconsigliato nei soggetti in stato di obesità.

Polifosfati aggiunti: cosa sono e perché starne alla larga

Spesso nelle etichette alimentari ci ritroviamo a leggere la dicitura “senza polifosfati aggiunti”…ma di cosa si tratta in realtà? E perché viene spesso sottolineata la loro assenza?

I polifosfati sono dei composti chimici ampiamente utilizzati dalle industrie alimentari: essi vengono impiegati come agenti addensanti, emulsionanti, stabilizzanti e gelificanti e in quanto tali riescono a mantenere, nel tempo, lo stato chimico-fisico degli alimenti ai quali vengono aggiunti. Tali additivi, riportati nelle etichette anche con la sigla E452 (E450 ed E451 sono invece monofosfati e bifosfati), hanno la capacità di legare e trattenere l’acqua presente negli alimenti, conferendo loro una maggiore compattezza, una migliore consistenza e riducendo la normale perdita d’acqua alla quale essi andrebbero incontro. Sulla base di tali caratteristiche i polifosfati trovano un largo impiego nella produzione di numerosi prodotti alimentari quali:

– salumi (tra cui il prosciutto cotto, la spalla cotta, la mortadella);

– formaggi fusi (formaggini, sottilette, ecc.);prosciutto-cotto

– carni in scatola;

– prodotti dolciari (budini, creme, ecc.);

– bastoncini di pesce, surimi, molluschi e crostacei surgelati, ecc;

– salse e zuppe pronte;

– bevande;

– gomme da masticare.

Il loro utilizzo all’interno di creme e formaggi fusi ne favorisce una migliore spalmabilità, mentre la loro aggiunta a svariate tipologie di insaccati ne impedisce la perdita di peso nelle fasi di stagionatura.

Tuttavia un consumo elevato di polifosfati porterebbe a delle importanti conseguenze sull’organismo umano e, dunque, andrebbe evitato: è stato dimostrato che tali additivi infatti riducono l’assorbimento del calcio alimentare, interferendo con il fisiologico processo di calcificazione ossea. In soggetti in fase di crescita (bambini e adolescenti) un uso spropositato di alimenti ricchi di tali additivi potrebbe infatti ridurre la calcificazione dell’apparato scheletrico: per tal motivo andrebbe prestata una certa attenzione all’acquisto di alimenti specifici per quella fascia di età, privilegiando la scelta di prodotti, quali formaggini e prosciutti, riportanti nell’etichetta la dicitura “senza polifosfati aggiunti”.

Una dieta a basso contenuto di tali additivi andrebbe anche seguita nella prevenzione dell’osteoporosi, nelle donne in menopausa e nei soggetti affetti da insufficienza renale cronica.

Le proprietà benefiche del Melograno

Nel corso degli ultimi decenni il mondo scientifico ha deposto un notevole e crescente interesse nei confronti delle proprietà salutari del frutto del Melograno. Le sue innumerevoli proprietà biologiche sono legate alla presenza nel frutto di numerose sostanze antiossidanti tra cui flavonoidi, polifenoli, tannini quali l’acido ellagico e l’acido gallico, le vitamine A e C e lo zinco.

Proprietà-del-melograno

Grazie alla sua peculiare composizione la melagrana si è dimostrata avere il più alto potere antiossidante di qualsiasi altro frutto esistente in natura. Sulla base di ciò è stato constatato che il consumo degli arilli o, in alternativa, del succo della melagrana, è in grado di contrastare i radicali liberi presenti nell’organismo riducendo, di conseguenza, lo stress ossidativo che sta alla base di numerose patologie infiammatorie. Diverse ricerche scientifiche hanno evidenziato un ulteriore aspetto molto importante riguardante le proprietà del melograno, ovvero il suo effetto antitumorale su cellule di carcinoma prostatico, mammario e colorettale. Da studi condotti sia in vitro che in vivo è emerso che l’estratto del frutto del Melograno è in grado di contrastare la crescita, la proliferazione e la metastasi delle cellule cancerose e tali risultati potrebbero avere, nella realtà scientifica, un risvolto non indifferente.
È stato altresì dimostrato che il frutto del Melograno è in grado di ridurre i livelli del colesterolo LDL circolante nel sangue, abbassando il rischio di comparsa di malattie cardiovascolari ed esercitando, dunque, un notevole effetto preventivo nei confronti di tali patologie. Tra le altre proprietà benefiche del Melograno è possibile anche annoverare:
– l’azione antinfiammatoria, esercitata grazie alla presenza dei bioflavonoidi;
– la funzione gastroprotettiva sulla mucosa gastrica;
– l’azione anti-osteoporotica e preventiva nei confronti della patologie artritiche del sistema scheletrico.
Dunque il frutto di Melograno possiede delle notevoli potenzialità che andrebbero sfruttate al meglio per poterne trarre i massimi benefici per la salute umana.
Il frutto del Melograno presenta delle specifiche proprietà nutrizionali che lo contraddistinguono rendendolo unico nel suo genere. 100 gr di prodotto, di cui solamente il 59% risulta essere edibile, hanno un contenuto calorico di 83 Kcal, di cui il 73% si compone di carboidrati (prevalentemente zuccheri semplici), il 7% da proteine, il 4% da grassi ed il 16% da fibre. Tale frutto ha anche un alto contenuto idrico: su una porzione di 100 gr si stima che il contenuto di acqua sia pari a 77 gr. Il melograno è inoltre ricco di alcune vitamine (quali la vitamina C) e di minerali, quali ad esempio il potassio.

 

Allergia al nichel: come gestirla con la giusta alimentazione

Il nichel è un metallo pesante ampiamente adoperato per la realizzazione di numerosi oggetti ed utensili di uso quotidiano quali orologi, cellulari, bigiotteria, cerniere lampo, monete, bottoni, stoviglie, pentole, chiavi, ecc. Il suo largo impiego deriva dal fatto che esso è resistente sia alla corrosione che alle alte temperature e tali caratteristiche lo rendono un costituente ideale di svariate leghe metalliche, tra cui rientra l’acciaio inossidabile. Aldilà del suo utilizzo a fini industriali, il nichel si trova in quantità estremamente variabili anche nel suolo e nelle acque e, come conseguenza di ciò, la sua presenza si riscontra anche nei prodotti alimentari animali e vegetali derivanti da tali fonti.

L’allergia al nichel si può presentare in diverse modalità:

  • attraverso una Dermatite Allergica da Contatto (DAC);
  • mediante la Sindrome dell’Allergia Sistemica al Nichel (SNAS).

La Dermatite Allergica da Contatto si manifesta sotto forma di eczema nelle sedi cutanee che vengono frequentemente a contatto con il metallo in questione, come i lobi delle orecchie (orecchini), i polsi (orologi), la regione ombelicale (bottoni e cerniere), ecc. Tra i principali sintomi si hanno la comparsa di prurito, l’arrossamento, la formazione di vescicole e successivamente la desquamazione e l’indurimento della pelle. La SNAS invece si presenta, dal punto di vista clinico, sia con sintomi cutanei che extracutanei; i sintomi cutanei consistono in eruzioni cutanee eczematose che solitamente compaiono in distretti corporei non precedentemente esposti al contatto con il nichel e tra le sedi più comunemente colpite dalle lesioni si hanno il palmo delle mani, la pianta dei piedi, i margini laterali delle dita, il collo e le pieghe dei gomiti. I sintomi extracutanei possono invece essere molto eterogenei fra loro ed interessare vari organi, quali l’apparato digerente (con nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, meteorismo, ecc.), l’apparato respiratorio (con rinite ed asma), ecc.

Nei soggetti affetti da allergia al nichel un valido aiuto può derivare da una dieta a basso contenuto di nichel.  Essa è infatti in grado di migliorare la sintomatologia  tipica dei soggetti allergici. Conoscere l’esatta quantità di tale metallo negli alimenti ingeriti tuttavia risulta essere difficoltoso in quanto la sua concentrazione varia enormemente in base al tipo di terreno in cui sono stati coltivati i prodotti vegetali, all’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti sintetici, alla contaminazione del suolo da rifiuti urbani e in funzione delle attrezzature adoperate nella lavorazione e nella trasformazione dei prodotti alimentari.

Sulla base degli studi scientifici condotti tra gli alimenti a maggior contenuto in nichel sono:

  • Cacao e cioccolato
  • Legumi
  • Frutta secca
  • Cibi inscatolati
  • Molluschi
  • Farina integrale, crusca
  • Avena
  • Spinaci

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Tra gli alimenti a medio contenuto in nichel si hanno:

  • aringhe, tonno, sgombro, salmone
  • lievito in polvere
  • pomodoripomodori
  • carote
  • vino rosso
  • pere
  • asparagi
  • broccoli
  • arance

L’alimentazione di un soggetto affetto da allergia al nichel dovrebbe dunque prevedere una riduzione del consumo degli alimenti maggiormente ricchi di tale metallo; inoltre sarebbe importante valutare, insieme ad uno specialista, il grado di tollerabilità del proprio organismo alle diverse quantità di nichel per consentire al soggetto di consumare degli alimenti che, seppur aventi precise quantità di tale metallo, ne contengano una dose (tollerabile dal loro organismo) non in grado di innescare la comparsa dei sintomi caratteristici di tale allergia.

Il sale: quanto usarne e quale scegliere

Il comune sale delle nostre cucine è un composto noto anche con il termine cloruro di sodio: esso può essere ricavato dall’evaporazione dell’acqua di mare (sale marino) oppure può essere estratto, sotto forma di cristalli, da giacimenti minerali terrestri (salgemma). Le principali fonti di sodio nella nostra alimentazione sono:

  • l’acqua, il latte, la frutta, la verdura, la carne, il pesce, ecc.
  • i prodotti alimentari trasformati (sia artigianalmente che industrialmente) quali il pane, i prodotti da forno, i salumi, i formaggi, il dado da brodo, i sughi pronti, ecc.
  • il sale da tavola

Normalmente il consumo medio di Health-benefits-of-sea-saltsale dovrebbe oscillare sui 6 g giornalieri, equivalenti pressappoco ad un’assunzione di circa 2.4 g di sodio. Un consumo eccessivo di sale, superiore alle quantità raccomandate dalle Linee Guida Italiane, andrebbe evitato in quanto potrebbe favorire: 1) l’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, uno tra i principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari; 2) l’accumularsi di liquidi in alcuni tessuti corporei quali l’addome, i glutei, le cosce e le caviglie (condizione nota con il termine “ritenzione idrica“); 3) l’aumento del rischio di osteoporosi, a causa dell’incrementata escrezione renale del calcio indotta dall’eccesso di sale. Da ciò è facile comprendere che un cambiamento delle proprie abitudini alimentari a favore di una dieta a basso contenuto di sale riveste un ruolo determinante per il benessere  ed il mantenimento di un buon stato di salute dell’organismo umano.

Alcuni consigli pratici? Innanzitutto la riduzione del consumo quotidiano di sale andrebbe fatta gradualmente, in maniera tale da far adattare il palato ai nuovi sapori degli alimenti; inoltre occorrerebbe sia limitare il consumo di cibi preconfezionati, trasformati (quali i salumi) e conservati sotto sale, sia evitare di aggiungere del sale da cucina alle pietanze, adoperando spezie, erbe aromatiche o del succo di limone in grado di esaltare la sapidità degli alimenti.

Esistono diverse varietà di sale in commercio:

  • sale grezzo (o sale integrale): esso non subisce processi di raffinazione e risulta essere particolarmente ricco di sali minerali, tra cui iodio, potassio, magnesio, fosforo, ecc.
  • sale raffinato: può essere grosso o fine e si compone per il 99.9% di cloruro di sodio.
  • sale iposodico: spesso è impiegato nella dietoterapia dei soggetti affetti da ipertensione arteriosa. Si tratta di un sale a basso tenore di sodio e a maggior contenuto in cloruro di potassio.
  • sale iodato: sale addizionato con iodio. L’OMS ne raccomanda il consumo giornaliero al fine di prevenire la carenza di iodio, condizione al quanto diffusa nella popolazione generale.